Viviamo sommersi dalle immagini, la nostra è sempre più una “civiltà delle immagini”. Ma cosa sono le immagini? Come le usiamo? Come ci condizionano e con quali ricadute sulla nostra psiche? A quali esperienze, a quali nuove forme di conoscenza ci conducono? Cosa distingue il pensiero visivo da quello concettuale? E ancora: quali trasformazioni produce l’attuale cultura delle immagini nella ricerca scientifica (in particolare nelle neuroscienze) e nella diagnostica medica? Diverse le prospettive analizzate, per fornire una visione quanto più estesa di un tema che evidentemente trascende la percezione visiva ed estetica.
Indispensabile una premessa filosofica, esposta da Massimo Donà. Nel suo intervento Perché pensiamo per immagini il filosofo (e musicista) ci ricorda quale sia il vero significato del lemma “immagine”, quotidianamente utilizzato senza associarlo a un pensiero. Ripercorrere l’idea dell’immagine che attraversa la storia della filosofia, dai Greci a Cartesio, da Kant a Deleuze, significa fissare quelle forme universali che tutti riconosciamo attraverso gli occhi della mente.
Lo storico dell’arte Giuseppe Di Napoli con la lezione Immagine, immaginazione e pensiero visivo, intende scardinare la dittatura del logos sul pensiero visivo. Quando invece – osserva il relatore – l’homo è videns prima che sapiens: il neonato, appunto, prima vede e molto tempo dopo parla. L’attività conoscitiva passa proprio attraverso l’occhio, che elabora una forma di conoscenza visiva con pensieri di carattere visivo, non riconducibili al pensiero discorsivo né alla parola.
Un excursus sul Raccontare per immagini nell’esperienza analitica la offre la psicoterapeuta Nicole Janigro. La nostra esistenza è un racconto per immagini, a partire dal primo volto che il neonato vede fino alla quantità di immagini che continuamente ci vengono incontro. Tanto più in quest’epoca di inflazione delle immagini, molte “patologiche”, ovvero dal contenuto violento o tragico, alle quali l’essere soggetti visivi ci espone, altre invece dal potere “curativo”. Toccherà a ognuno di noi la scelta delle nostre immagini, che sarà il terapeuta a interpretare.
Lo psicologo Ugo Morelli completa l’analisi della psiche occupandosi di Percezione della realtà mediata dalle immagini. Ma cosa significa per noi vedere e percepire il mondo? Si metterà in discussione il primato della visione nel processo percettivo per scoprire come non si tratti solo di mediazione. Morelli proporrà anche la sua teoria dell’immagine quale “evento” della nostra vita, che noi stessi produciamo e che influenza le nostre scelte e i nostri comportamenti.
Complessa ma necessaria per comprendere il quadro, la lezione della sociologa Valentina Grassi: Per una sociologia dell’immaginario. Un tema da sempre poco frequentato nella disciplina sociologica che l’autrice sostiene, sin dall’inizio delle sue ricerche, trattarsi invece di materia scientifica. Partendo dall’analisi dell’etimo latino “imago” attraverso lo studio della metodologia sociologica, la docente avanza l’idea che l’immaginario abbia un legame profondo con la società che lo produce e di esso vive.
Ci accompagna in ambienti virtuali il filosofo esperto di tecnologie Andrea Pinotti con la lezione Alla soglia dell’immagine. Facendo innanzi tutto chiarezza sulla terminologia corretta contro l’uso ormai invalso e spiegandoci esattamente le caratteristiche della realtà virtuale. Dove possiamo immergerci attraverso un casco, teletrasportati in un ambiente alternativo popolato di presenze (umane, animali, inanimate) che esclude il nostro mondo. Basterà superare una soglia, non più avvertita come invalicabile, bensì transitabile.